A cura di Banor
Market Outlook – II semestre 2025
Il primo semestre 2025 è stato caratterizzato da una crescente incertezza geopolitica e macroeconomica, con l’impatto tangibile del ritorno di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti. Le sue decisioni in ambito commerciale, ambientale e fiscale hanno innalzato la volatilità globale. In Europa la fine dell’austerity tedesca e i piani di rilancio pubblico offrono nuove prospettive, mentre la Cina continua a scontare le fragilità domestiche, pur mantenendo un ruolo chiave nelle filiere strategiche globali.
L’obbligazionario riflette le tensioni su debito e inflazione, ma offre ancora opportunità selettive. Il settore travel si conferma trend secolare nella domanda dei consumatori.
Mercato azionario USA
Trump ha rilanciato dazi e retorica isolazionista, generando incertezza sui flussi commerciali globali. Le valutazioni restano elevate, sostenute dalle attese di un incremento di produttività grazie all’AI, trainata dalle mega-cap. Tuttavia, tassi alti e debito pubblico in crescita frenano gli investimenti tradizionali. L’inflazione resta sopra il target, limitando l’azione della Fed. Outlook bilanciato, con focus sulla selezione settoriale.
Mercato azionario Europa
L’azionario europeo ha recuperato parte dello sconto storico, grazie a spinta fiscale e investimenti strategici. Tuttavia, la fase di convergenza rispetto agli USA sembra essere giunta al termine. Il segmento delle PMI europee – penalizzato da tassi e minore liquidità – presenta oggi valutazioni interessanti. In Italia l’interessante performance del FTSE MIB è frutto di condizioni eccezionali difficilmente replicabili. Torna centrale l’investimento sulle mid cap.
Mercato azionario Cina
La ripresa post-Covid è ostacolata da consumi deboli e crisi del real estate. L’expertise cinese in settori strategici (auto elettrica, AI, fotovoltaico) rafforza la sua competitività, ma il contesto geopolitico sfavorevole limita l’appetibilità del mercato nel breve. Le valutazioni sono storicamente basse: il posizionamento va costruito gradualmente, in ottica multi-annuale.
Mercato obbligazionario
Il focus si sposta sul debito sovrano, sempre più al centro dell’attenzione per volumi e costi.
Gli spread sui governativi riflettono l’erosione della fiducia, mentre il credito investment grade si conferma resiliente, con una preferenza per le emissioni bancarie subordinate e più cautela sull’high yield. Le banche centrali hanno maggiore margine d’azione, ma la traiettoria dei tassi resta incerta.
Tema di investimento: Travel & Leisure
L’esperienza del viaggio è diventata un’attività di consumo ricorrente, spinto da giovani generazioni, digitalizzazione e incremento del potere d’acquisto asiatico. Il settore è polarizzato tra asset-light (OTA, piattaforme) e operatori ad alta intensità (hotellerie, crociere), ma mostra resilienza e innovazione. I modelli ibridi e l’esperienzialità guideranno la crescita nei prossimi anni.
I fattori di rischio da monitorare:
- persistente pressione inflazionistica globale;
- contraccolpi delle politiche protezionistiche USA;
- instabilità geopolitica (Medio Oriente, Ucraina, Taiwan);
- fragilità strutturali nei consumi cinesi;
- pressione fiscale e sostenibilità del debito pubblico;
- sostenibilità fiscale nelle principali economie.

Il primo semestre 2025 è stato caratterizzato da un forte aumento dell’incertezza a livello globale causato dall’imprevedibilità di Donald Trump.
Il nuovo presidente americano ha usato la leva della paura e della minaccia dei dazi per negoziare accordi commerciali con tutti i principali partner che, in questi ultimi 20 anni, avrebbero beneficiato della crescente spesa dei consumatori americani. Oltre a questo Trump ha pesantemente attaccato tutti gli investimenti legati al cambiamento climatico eliminando i sussidi all’auto elettrica, ha attaccato le principali università americane, ha iniziato una battaglia contro l’immigrazione ed infine ha promesso di ridurre drasticamente le spese per la difesa dei suoi alleati (Europa in primis).
Nel frattempo, il debito USA continua a crescere velocemente e raggiungerà il 120% del GDP alla fine di questo anno con il costo medio dello stesso che sta salendo rapidamente, tornando, come percentuale di spesa sul GDP, agli stessi livelli di fine anni 80’, inizio anni 90’.
Spesa Netta del Tesoro USA in % del PIL nominale (media mobile su 12 mesi)
Fonte: CBO
L’elevato livello di spesa per pagare gli interessi sul debito ha raggiunto il costo sostenuto per la difesa, indicatore storico di allarme per i conti pubblici. Il piano che il governo Trump sta cercando di fare approvare al Senato, dopo il benestare della Camera, determinerà per i prossimi tre anni un deficit annuo intorno al 7%, causando un ulteriore aumento del debito pubblico.
Attualmente i tassi d’interesse decennali americani sono in area 4,5% e questo livello sta causando un forte rallentamento dell’edilizia residenziale e degli investimenti in beni di capitale da parte delle aziende. L’unico settore che continua a tirare è quello legato all’intelligenza artificiale (AI) che non accenna a rallentare, anche perché i big spender sono le mega cap USA che hanno molta liquidità e non vogliono rimanere indietro nella corsa ad utilizzare l’AI nei propri business. I cinesi sono gli unici che stanno avvicinando le aziende USA nella corsa alla leadership globale in questo settore.
Uno dei motivi per i quali la valutazione dell’azionario americano è storicamente elevata è dovuto alle attese di netto miglioramento della produttività a livello aziendale in tutti i settori: nel medio termine questo sarà uno dei driver della crescita del GDP globale.
Nel breve termine i rischi di rallentamento dovrebbero prevalere a causa di un’inflazione che porta tariffe e che dovrebbe rimanere sopra il 3%, con una Fed impossibilitata ad abbassare i tassi. Da considerare che permane un effetto ricchezza positivo dato che il mercato azionario è quasi tornato ai massimi storici. Sicuramente il deficit pubblico elevato farà da sostegno all’economia, per cui gli USA non dovrebbero scivolare in recessione.
Il Dollaro dovrebbe rimanere debole e raggiungere 1.20 contro l’Euro, livello che permetterebbe agli USA di migliorare il saldo commerciale anche con dazi al 10% verso la maggior parte del mondo e del 30% verso la Cina, che ha una valuta praticamente immobile rispetto a quella americana.

L’Europa da inizio 2025 ha ridotto di circa il 15% il gap valutativo, trainata dal forte aumento delle spese per la difesa e dalla storica decisione tedesca di eliminare il tetto al deficit annuo, che determinerà un ingente aumento della spesa pubblica (stimati 500 miliardi di Euro) nei prossimi cinque anni.
Per sperare in una ulteriore chiusura di questo gap, l’Europa deve procedere rapidamente con la creazione di un mercato dei capitali europeo, incentivando lo spostamento dell’enorme risparmio privato che giace sui conti correnti dei risparmiatori europei verso investimenti più produttivi. Inoltre l’Europa, in linea con l’agenda Draghi, deve accelerare gli investimenti in settori strategici quali la transizione energetica ed il digitale.
Si può quindi considerare parzialmente terminato l’effetto di convergenza delle valutazioni dell’Europa rispetto agli USA: se in questa prima parte dell’anno c’è stato un ritorno di interesse verso il Vecchio Continente guidato da uno sconto che aveva raggiunto i massimi storici e da un leggero afflusso di capitali proveniente dal resto del mondo, per i prossimi mesi sarà fondamentale poter contare su di una crescita degli utili almeno pari a quella americana per poter sostenere un’ulteriore convergenza.
Degno di nota il segmento delle Piccole e Medie Imprese (PMI), che presenta livelli di valutazione estremamente sacrificati sia in termini assoluti che relativi rispetto alle aziende di grande capitalizzazione.
Le large cap sono state favorite negli ultimi 24 mesi da tre fattori:
una tematica settoriale, ovvero una maggiore esposizione ai finanziari;
un tema di liquidità poiché in una fase di incertezza si tende a rimanere su titoli più facilmente smobilizzabili;
l’andamento dei tassi, dato che storicamente le small cap tendono ad avere un maggiore indebitamento e a beneficiare da fasi di riduzione dei tassi.
Questi tre fattori sono arrivati al massimo dell’effetto negativo ed andranno ad affievolirsi nei mesi a venire, favorendo un recupero delle PMI rispetto alle grandi aziende in Borsa.
Focus sul mercato italiano
Una menzione speciale merita il mercato italiano, tra i migliori da inizio anno con un rialzo del 18% inclusivo dei dividendi, secondo solamente alla Spagna nel continente. Le ragioni di questa sovraperformance sono da ricercarsi nella forte riduzione dello spread BTP-Bund sceso sotto i 100 punti base (indicatore di fiducia nella politica atta a mantenere sotto controllo i conti pubblici) e nei rendimenti del settore finanziario, aiutato da una tenuta superiore alle attese dell’Euribor (e quindi di conseguenza del margine di interesse) e dal risiko bancario. Anche in questo caso i fattori che hanno portato a tale sovraperformance sono destinati ad affievolirsi: lo spread BTP-Bund difficilmente potrà contrarsi ulteriormente (senza che ci si aspetti una sua forte espansione) e le fusioni bancarie avranno una soluzione entro la fine dell’anno, rendendo meno scontato un ulteriore rialzo del settore rispetto al mercato.
Tornerà sicuramente più interesse sui segmenti delle PMI, come il FTSE MID Cap o lo STAR, che per il terzo anno consecutivo stanno sottoperformando l’indice principale FTSEMIB per le ragioni sopra indicate.
Fonte: Bloomberg, elaborazione dati Banor

La Cina sta ancora scontando la debolezza dei consumi interni iniziata nel 2020 con il Covid e proseguita a causa dello scoppio della bolla immobiliare, che ha determinato un pesante effetto negativo sulla ricchezza (l’investimento immobiliare rappresenta due terzi della ricchezza privata).
Nel frattempo la Cina ha investito pesantemente in settori strategici ed ad alto valore aggiunto, diventandone leader globale, come l’auto elettrica, le batterie, i pannelli fotovoltaici e ultimamente i chip per l’intelligenza artificiale.
Fonte: Bloomberg, elaborazione dati Banor
Industrialmente la Cina è sempre più competitiva e sta diventando una minaccia – che si manterrà tale nei prossimi mesi/anni – per molte aziende industriali europee, anche alla luce del fatto che le aziende cinesi godono di forti aiuti statali.
Le valutazioni della Borsa cinese sono molto interessanti in un’ottica di lungo periodo, ma nel breve pochi investitori si fidano ad entrare in questo mercato a causa delle forti tensioni geopolitiche che stanno coinvolgendo gli alleati della Cina (Russia con la guerra in Ucraina e Iran con Israele).
A causa di queste tensioni geopolitiche il prezzo del petrolio è tornato tra i 70 e gli 80 dollari e l’oro continua a rimanere vicino ai massimi storici.

“Eccezionale imprevedibilità”. È con queste parole che Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha sintetizzato il momento che i mercati globali stanno attraversando.
Le sue parole risuonano come un avvertimento e un invito alla prudenza, in un contesto dominato da fattori che si sovrappongono: l’onda lunga dell’inflazione post-pandemica, la frammentazione geopolitica, le tensioni commerciali e il crescente peso del debito sovrano.
Se l’inflazione, almeno nella sua forma più aggressiva, sembra aver perso parte della centralità che aveva nel 2022, non si può ancora dichiarare sconfitta. Rimangono rischi latenti, soprattutto legati a potenziali shock esogeni: un’escalation nei conflitti geopolitici, un rialzo improvviso dei prezzi dell’energia, oppure nuovi round di dazi negli Stati Uniti, ad esempio in uno scenario post-elettorale. Tuttavia, le banche centrali oggi sembrano ritenere questi shock come transitori, almeno nella loro capacità di alterare in modo strutturale la traiettoria dell’inflazione: un cambio di paradigma notevole rispetto agli anni recenti, dove ogni accenno di accelerazione inflattiva provocava reazioni immediate e severe.
Il debito sovrano: il convitato di pietra
L’attenzione si sposta ora su un’altra variabile chiave: il debito pubblico. Ed è qui che le preoccupazioni si fanno più profonde. Gli Stati Uniti hanno ormai perso la famosa AAA dalle agenzie di rating: il piano di spesa federale, già oggi si trova su un percorso “insostenibile” (per usare un termine del Congressional Budget Office, un organo indipendente, non politico, il cui ruolo è fornire previsioni sul debito a partire dalle decisioni del governo). Dal 123% di debito/GDP atteso per fine 2025, si salirà a oltre 169% nei prossimi venti anni e questo senza considerare le minori entrate previste dal Big Beautiful Bill, il taglia-tasse promesso da Trump. Il mercato obbligazionario sarà chiamato a digerire emissioni sempre più massicce, con potenziali implicazioni per i rendimenti reali e la fiducia degli investitori.
Anche in Europa ci sarà un aumento della spesa pubblica, ma questa volta arriverà dalla Germania, tradizionalmente roccaforte dell’ortodossia fiscale, un programma di spesa e investimenti che rappresenta una rottura profonda con il passato.
La finestra di opportunità per l’Europa: capitali in fuga dal dollaro
Ed è proprio in questo contesto che si apre una finestra di opportunità inedita per l’Europa. Come evidenziato nel grafico seguente relativo ai flussi globali, i mercati in dollari sono di dimensioni straordinariamente superiori rispetto a quelli denominati in euro. Il mercato azionario americano è circa quattro volte più grande di quello europeo; nel credito, il mercato obbligazionario USD ha una scala quasi doppia rispetto all’omologo EUR e persino nelle riserve internazionali, la supremazia del dollaro è netta.
Mercati USA ed Europa a confronto (dimensioni in mld di USD)

Fonte: Bloomberg, IMF COFER, Banor
Questo squilibrio dimensionale implica che anche un modesto deflusso di capitali dagli asset americani può avere un impatto sproporzionatamente positivo sui mercati europei. Per un investitore globale, il semplice ribilanciamento di portafoglio può tradursi in volumi significativi per l’Europa, capaci di sostenere i prezzi degli asset obbligazionari e ridurre i costi di finanziamento per emittenti sovrani e corporate.
In questo scenario, l’Europa può attrarre nuova attenzione, a condizione di dimostrarsi un’area credibile e stabile. Lo ha ricordato anche Christine Lagarde: la fiducia non è garantita, va guadagnata con riforme, disciplina fiscale e una visione strategica comune.
Segmenti resilienti: corporate bond e qualità del credito
Nonostante le ombre sul debito sovrano, ci sono settori del mercato obbligazionario che stanno mostrando segnali di forza. In particolare, i corporate bond di alta qualità si stanno affermando come una delle aree più resilienti. Le imprese solide, ben capitalizzate e con cash flow stabili continuano a godere della fiducia degli investitori globali. Continuano a sovraperformare anche i titoli bancari, in linea con la performance eccezionale conseguita in Borsa, poiché, a parità di rating, continuano ad offrire un premio al rischio interessante rispetto ai titoli industriali, in un contesto, oltretutto, nel quale il rischio idiosincratico sulle singole banche è oggettivamente inferiore a quello sui titoli high yield industriali.
La Germania e il potenziale traino per la crescita europea
In questo contesto, la Germania potrebbe svolgere un ruolo determinante. Il piano di investimenti annunciato—che prevede cifre nell’ordine di centinaia di miliardi di euro—non è solo un’iniziativa nazionale, ma un potenziale moltiplicatore per l’intera area Euro. Se accompagnato da riforme strutturali, può rappresentare l’inizio di una nuova stagione di crescita continentale, con benefici estesi anche al mercato obbligazionario.
Perché ciò accada, tuttavia, sarà necessario un cambio di passo: meno frammentazione tra Stati membri, più coordinamento fiscale, e una visione strategica che sappia coniugare crescita e sostenibilità. Un momento storico, nel quale la politica dovrà fare scelte coraggiose.
Il viaggio come nuova forma di consumo

Il 2025 si è aperto con il settore dei viaggi che continua a sorprendere per vitalità. Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite, gli arrivi turistici internazionali hanno registrato un ulteriore +5% nel primo trimestre dell’anno, avvicinandosi stabilmente ai volumi pre-pandemici. Dopo l’esperienza del Covid-19, il viaggio ha smesso di essere una pausa occasionale ed è diventato una forma di consumo ricorrente, progettata con cura e posta sempre più spesso al centro del budget familiare, soprattutto tra i consumatori più giovani.
In particolare, Millennials e Gen Z mostrano una crescente predilezione per l’esperienza rispetto al possesso: si viaggia per vivere, raccontare, condividere. Questo cambio culturale non è marginale, ma rappresenta un driver strutturale di crescita, destinato a influenzare profondamente la domanda e l’offerta di servizi turistici nei prossimi anni.
Uno sguardo macro: demografia, digitalizzazione e disponibilità economica
Nel 2022 la spesa mondiale per viaggi e turismo si attestava a circa 5 trilioni di dollari. La maggior parte delle ricerche di mercato prevede una crescita media annua a doppia cifra fino al 2031. Secondo l’ultimo sondaggio dell’International Air Transport Association (IATA), il 47 % dei viaggiatori intende spendere più dell’anno precedente, mentre il 53 % prevede di mantenere lo stesso budget: dati che confermano la centralità crescente del travel nei comportamenti di consumo.
Questa dinamica è alimentata da tre fattori principali:
la tenuta dell’economia nordamericana, con bassa disoccupazione e salari reali in ripresa, che favorisce la spesa esperienziale;
l’espansione della classe media asiatica, che nel solo 2025 dovrebbe accogliere 70 milioni di individui netti;
la discesa dei prezzi del carburante che permette alle compagnie aeree di aumentare la capacità a costi più contenuti, migliorando la connettività.
Nel complesso, questi elementi delineano un quadro macroeconomico solido, su cui si innesta un’accelerazione dell’innovazione digitale e una crescente diversificazione dell’offerta.
Piattaforme, modelli e nuove abitudini
Il settore del travel è tutt’altro che omogeneo: al suo interno convivono modelli di business profondamente diversi, con livelli di intensità di capitale molto variabili. Si va da realtà fortemente asset-light, come le online travel agency (OTA), che intermediano prenotazioni e monetizzano la distribuzione, a operatori che richiedono capex elevati, come le compagnie aeree, le catene alberghiere a gestione diretta, i tour operator tradizionali o l’industria delle crociere, che uniscono gestione operativa, logistica e proprietà infrastrutturale.
Questa eterogeneità dei modelli impone una lettura attenta delle dinamiche economiche sottostanti: margini, ciclicità, leva operativa e fabbisogno di capitale variano significativamente da un segmento all’altro, influenzando la resilienza e le strategie di crescita di ciascun operatore.
Tra le online travel agency, Booking Holdings mantiene una posizione dominante con oltre 1,1 miliardi di room nights e 31 milioni di strutture transate nel 2024. Il modello della “Connected Trip” – che integra volo, alloggio e servizi ancillari su una piattaforma di pagamento proprietaria – consente di ottimizzare up/cross selling, migliorare la customer experience e ridurre i tempi di prenotazione, grazie anche al supporto dell’intelligenza artificiale generativa.
Airbnb, dal canto suo, continua a ridefinire l’ospitalità. Con oltre 5 milioni di host e 8 milioni di annunci in più di 100.000 città, la piattaforma fa leva su un traffico organico superiore al 90%, su soggiorni sempre più lunghi (oltre il 20% delle prenotazioni supera i 28 giorni) e sul recente lancio di “Icons”, un catalogo di esperienze esclusive pensato per valorizzare il carattere immersivo e personale del viaggio.
In questo senso Airbnb si inserisce perfettamente nel nuovo paradigma del consumo esperienziale, interpretando il viaggio come momento identitario, non solo come spostamento.
Sul fronte più tradizionale della grande ospitalità, Hilton e Marriott International continuano a guidare il settore globale, con un totale aggregato di circa 2,7 milioni di camere gestite in modalità asset-light. Entrambe le catene fanno leva su piattaforme digitali evolute e su programmi di fidelizzazione capillari, che contano insieme oltre 420 milioni di iscritti nel mondo. Questi ecosistemi non solo alimentano la loyalty, ma rappresentano oggi un canale diretto ad alto margine, che convoglia oltre la metà delle prenotazioni totali. Il modello operativo, basato sulla gestione senza proprietà diretta degli immobili, consente di massimizzare la scalabilità e contenere la ciclicità degli investimenti. In parallelo, la relazione con il cliente viene rafforzata da strumenti digitali che permettono personalizzazione, accesso a vantaggi esclusivi e maggiore fidelizzazione.
Se da un lato dunque cresce l’interesse verso le soluzioni alternative, la maggioranza dei viaggiatori continua a preferire l’hotel per affidabilità, standard qualitativi e servizi integrati, sempre più evoluti anche sul piano esperienziale.
Driver di trasformazione
Quattro tendenze chiave stanno ridisegnando il futuro prossimo del travel:
la professionalizzazione delle alternative accommodation, grazie a standard condivisi e sistemi di distribuzione più avanzati, sta ampliando l’offerta e aumentando la capacità di monetizzazione;
il fenomeno del bleisure – la combinazione di viaggio d’affari e svago – continua a espandersi, riempiendo le notti infrasettimanali: oltre il 60% dei viaggi business viene ormai esteso con una componente leisure;
la crescente spesa esperienziale, oggi in aumento a doppia cifra e superiore a quella per trasporto e alloggio, rispecchia un cambiamento profondo nelle gerarchie del consumo;
l’adozione dell’intelligenza artificiale generativa sta rivoluzionando pricing, personalizzazione e cross-selling, contribuendo ad aumentare il valore medio della transazione.
Rischi e conclusione
Restano, sullo sfondo, alcuni elementi di rischio: la geopolitica che potrebbe impattare la crescita economica globale, potenziali pressioni sui costi energetici e regolamentazioni più stringenti sugli affitti brevi in alcuni grandi centri urbani. Una recessione, infine, potrebbe ridurre la propensione alla spesa di alcune fasce di viaggiatori.
Nei prossimi mesi il comparto del travel & leisure potrebbe muoversi verso una crescita più normalizzata, dopo gli anni di espansione post-pandemica, ma resta un settore vivo, ibrido, trasformativo, dove tecnologia, demografia e nuovi valori di consumo convergono in modelli di business sempre più adattivi.
La spinta strutturale alla mobilità, l’attenzione per l’esperienza e la capacità di intercettare nuovi stili di vita fanno del turismo non solo un mercato in crescita, ma anche uno dei comparti più promettenti in cui operare ed investire per chi guarda al lungo termine.
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