A cura di Angelo Meda, Responsabile Azionario di Banor

Davide vs Golia, grande vs piccolo, macro vs micro

Tendiamo sempre a simpatizzare per il micro, ma alla fine è il macro a determinare il trend.


Macro e micro derivano dal greco e ovviamente significano grande e piccolo. Gli operatori finanziari dovrebbero concentrarsi sui dati macro come ad esempio l’andamento del PIL e l’inflazione perché sulla carta sono quelli che impattano di più sui mercati. Questa settimana invece l’attenzione sarà sul dato micro: la trimestrale di Nvidia.

Chiudendo l’anno fiscale a gennaio, Nvidia ci consente di sfasare di un mese i risultati trimestrali e avere uno dei pesi massimi degli indici azionari non concentrato nelle solite settimane clou della reporting season. Nvidia è salita di 250 dollari dal 21 febbraio, quando ha riportato risultati di fine anno superiori alle attese, pari a 600 miliardi di dollari di capitalizzazione aggiuntiva, non tanto distante dalla capitalizzazione totale dell’indice azionario italiano. Le opzioni indicano un movimento dopo i risultati del +/- 9% (altri 200 miliardi di potenziale movimento all’insù o all’ingiù), qualcosa che può destabilizzare gli indici, anche se negli ultimi trimestri il titolo non ha avuto enormi scossoni nonostante risultati ben superiori alle attese, avendoli scontati in abbondanza nei giorni precedenti.

Sarà questo l’evento dei prossimi giorni che focalizzerà l’attenzione degli operatori: i risultati di una singola azienda che da sola vale il 5% dell’indice S&P500, che contribuisce per un quarto del rialzo dello stesso indice da inizio anno e che ha superato la soglia dei 2 trilioni di dollari, riservata a poche aziende nel mondo.

Sullo sfondo rimangono nel frattempo indicazioni perfette da parte dei dati macro e micro: da un lato le vendite al dettaglio in USA rallentano, segnalando che l’economia batte in testa e quindi si potranno abbassare i tassi (siamo tornati a scontare due tagli Fed da qui a fine anno contro solo uno atteso dieci giorni fa). Dall’altro lato Walmart, la prima catena di supermercati americana con vendite per 600 miliardi di dollari e 2,1 milioni di dipendenti, riporta vendite superiori alle attese e fa salire il titolo ai massimi storici.

Tutto questo ha portato alla capitolazione di tante investment banks e strategist che nei loro aggiornamenti di metà anno hanno dovuto alzare gli obiettivi sugli indici azionari. Ultimo, Mike Wilson di Morgan Stanley che a dicembre 2023 vedeva l’indice S&P500 scendere a 4500 punti e che ora invece lo vede salire per fine anno a 5400, invertendo le prime due cifre.

Ma guardando dietro le quinte torna qualche segnale inflazionista: il rame torna ad aggiornare i massimi storici sopra i 10.000 dollari a tonnellata, salendo del 25% da inizio anno; stessa salita da inizio anno per il nickel (importante per l’acciaio inossidabile) e anche l’oro, poco usato nel mondo produttivo ma indicatore di tensioni inflazionistiche, supera i 2.400 dollari l’oncia e segna anch’esso i massimi storici.

Per cui tutto liscio? Economie mondiali che continuano a crescere e inflazione che torna sotto controllo? Per ora è questo lo scenario che scontano i mercati e non ci sono indicatori di un cambiamento di trend. Abbiamo quindi indicatori tecnici tirati, con RSI sull’indice mondiale MSCI ACWI a 70 (territorio di ipercomprato), indice della paura VIX al di sotto del valore di 12 (il più basso da novembre 2019) e sentimento degli operatori “greedy”, ovvero avido.

Sappiamo però che basta veramente poco per destabilizzare questi equilibri instabili. Nvidia difficilmente potrà essere un singolo motivo, ma il ritorno dei dati macro a inizio giugno potrà permettere di sfatare uno dei miti sui mercati (“Sell in May and go away”), spostando la turbolenza a giugno. Perché tendiamo sempre a simpatizzare per il micro, ma alla fine è il macro a determinare il trend.


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