A cura di Angelo Meda, Responsabile Azionario di Banor

Wake me up when September ends

Un mese sfidante tra volatilità e opportunità.


Wake me up when September ends, letteralmente “Svegliatemi quando finisce settembre”, è una delle canzoni più note della rock band americana Green Day, pubblicata nel 2004. Sebbene la canzone parli della morte del padre del cantante e di come la sua vita si sia evoluta una volta rimasto orfano, nel tempo le sono stati attribuiti significati differenti accaduti in questo mese, tra i quali gli attacchi dell’11 settembre 2001 e l’uragano Katrina nel 2005.

Guardando alle statistiche storiche e un pochino alla cabala, questo è solitamente un mese difficile: negli Stati Uniti si parla spesso del “September market curse”, la maledizione di settembre. Questo per diversi motivi: perché negli ultimi dieci anni si è registrato per sei volte un rendimento negativo nel mese in corso; perché prendendo la storia dal 1928, settembre è il mese più negativo di tutti con un rendimento medio del -1,2% (al secondo posto c’è febbraio con un -0,1%); perché in generale si arriva da cinque mesi di rialzo e uno storno pare probabile, e forse anche opportuno.

Da qui è stata coniata una delle espressioni più famose nel mondo borsistico (“Sell in May and go away”, vendi a maggio e vai in vacanza), ovvero rivediamoci a fine settembre (Wake me up when September ends), perché probabilmente avremo della volatilità e i mercati potrebbero scendere.

L’ultimo dato sul mercato del lavoro e le revisioni dei mesi passati certificano un’economia americana in affanno. Il numero di nuovi posti di lavoro, sebbene ancora positivo, è ai minimi del periodo post-Covid e negli ultimi tre mesi le nuove assunzioni sono state sostanzialmente pari a zero. È vero che il taglio dei tassi da parte della Fed è in arrivo, ma ci sarà bisogno di tempo per vedere i suoi effetti sull’economia reale americana, che dovrà ora sopportare per intero l’impatto dei dazi.

Anche l’andamento dei tassi di interesse a lunga scadenza fa paura: i cosiddetti “bond vigilantes” stanno dando ai governi il messaggio che nel lungo periodo la sostenibilità dei debiti pubblici non è da dare per scontata. Gli avvenimenti francesi e il forte rialzo del trentennale inglese sono sicuramente altri fattori da tenere in considerazione per l’impatto che possono avere sulle valutazioni aziendali, dove si ricorda che, a parità di condizioni, un punto in più di tasso nei modelli di sconto va a ridurre il risultato finale tra il 15 e il 20%.

Ma non bisogna fasciarsi la testa prima di essersela rotta, ci sono comunque motivazioni per la forza degli indici azionari, su tutte l’andamento degli utili: il secondo trimestre si è chiuso ben sopra le attese e ora le stime vedono una crescita del 10% in USA per l’anno in corso e del 13% per il prossimo. Anche in Europa, se si aggiustano i numeri per la debolezza del cambio euro/dollaro, alla fine gli utili crescono e la stima 2026 è esattamente la stessa dell’S&P500.

Rimaniamo quindi svegli a settembre, che è il mese delle conferenze in cui tantissime aziende parlano con gli investitori e danno una sensazione sull’andamento dell’ultima parte dell’anno. Una delle banche internazionali più attive su questo fronte è Goldman Sachs, con la sua conferenza sui titoli tecnologici a San Francisco nella settimana in corso e quella in Germania tra quindici giorni, dove tutte le società tedesche commenteranno i piani di stimolo europei e l’andamento degli ordini dalla Cina.

La Cina a livello di mercato borsistico sta dando grandi soddisfazioni: l’indice MSCI China sale del 27% da inizio anno in dollari e risulta uno dei migliori a livello mondiale. I mercati anticipano sempre l’andamento dell’economia reale, sia al rialzo che al ribasso, per cui sono buoni segnali di cui si aspetta una conferma sentendo le aziende.

Si può quindi ipotizzare un mese di settembre più caratterizzato da una rotazione: si parla tanto della concentrazione dell’indice americano ma, se si effettua un’analisi di attribuzione del rendimento da inizio anno in Europa (indice Stoxx 600 Europe), si nota come nel vecchio continente il settore finanziario abbia contribuito per il 60% del rialzo totale realizzato in questi primi otto mesi circa. Se si aggiungono i titoli della difesa, si sale al 70%, ovvero più di due terzi è spiegato solamente da due temi di investimento.

E tutto il resto del mercato? Qualcosa è arrivato dal settore delle telecomunicazioni, dove il consolidamento pare in arrivo; qualcosa dalle utilities, soprattutto in termini di dividendo; un’ultima contribuzione positiva è venuta dal cemento, dove i titoli beneficiano dalle aspettative sulla ricostruzione, riallacciandosi al tema difesa. Ma un buon 60% del mercato europeo da inizio anno è rimasto fermo o ha contribuito in negativo nell’anno.

Non è possibile pensare a una continuazione dei trend in corso: si è detto diverse volte che l’indice USA non può essere trainato solo dalle “Magnifiche 7”. La stessa cosa vale in Europa: non si può continuare sul tema banche e difesa per avere un mercato finanziario solido. E allora è meglio passare questo mese di settembre a cercare le opportunità rimaste indietro, questi titoli che entrano con peso limitato negli ETF e nei fondi passivi: è sicuramente più complesso, ma può dare più soddisfazioni in questo momento di mercato.


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