Gli ultimi saranno i primi

A cura di Angelo Meda, Responsabile Azionario di Banor

Gli ultimi saranno i primi

L’onda positiva dei mercati europei.


È presente una parabola, nel Vangelo secondo Matteo, che riguarda i lavoratori della vigna, in cui il padrone di casa impiega lavoratori a giornata per i suoi campi a un denaro al giorno. Quelli arrivati al mattino, a mezzogiorno e nel pomeriggio ricevono tutti la stessa paga, creando una disparità di salario in base alle ore lavorate. Il padrone risponde a uno di loro che non sono stati fatti torti perché tutti gli accordi sono stati rispettati e che le lamentele sono solo legate all’invidia. Gesù conclude con l’insegnamento: “Così, quelli che sono gli ultimi saranno i primi, e quelli che sono i primi saranno gli ultimi”.

Lo stesso sta accadendo sui mercati azionari: i mercati peggiori nel corso del 2024 si stanno dimostrando i migliori in questi primi due mesi del 2025 e viceversa. Da inizio anno, infatti, l’indice europeo Eurostoxx50 sale dell’11,8% contro l’indice americano S&P500 che sale del 2,2%. Meglio ancora l’indice di Hong Kong, che guadagna ben il 17%. Lo scorso anno assistevamo a un andamento esattamente opposto, con gli USA che battevano la vecchia Europa di 15 punti percentuali. Cumulando la performance degli ultimi tre anni ci troviamo con andamenti molto simili.

Si tratta del cosiddetto “ritorno verso la media” o abbiamo delle giustificazioni fondamentali a supporto di questo forte recupero dell’Europa? A giudicare dalle notizie geopolitiche si escluderebbe la seconda ipotesi: sembra infatti che i leader europei siano esclusi dai dialoghi chiave all’interno del tavolo dei negoziati per cercare una tregua al conflitto Russia-Ucraina.
In realtà, c’è un fattore che giustifica questa differenza di performance tra le due aree geografiche: l’andamento degli utili. A lungo andare è infatti la principale determinante dell’andamento dei mercati finanziari.

La stagione degli utili ha visto un andamento più tonico per le società europee rispetto a quelle americane: non tanto sui risultati 2024, che hanno visto una sorpresa del 7% in entrambe le aree, ma soprattutto sulle aspettative per il 2025, dove le aziende europee hanno dato indicazioni migliori, grazie al dollaro che aiuta gli esportatori e ad aspettative meno sfidanti rispetto alle controparti d’oltreoceano. Il risultato è un andamento della stima degli utili per il 2025 divergente: in Europa una leggera revisione al rialzo, mentre in USA una leggera revisione al ribasso. Non stiamo parlando di numeri eclatanti, ma in questi primi quarantacinque giorni circa dell’anno si parla di quasi 5 punti percentuali di divergenza, sufficienti per innescare in parte questo trend positivo degli indici europei.

Ora la domanda da porci è se questo andamento sia un “fuoco di paglia” oppure se possa essere sostenuto da un miglioramento strutturale dell’economia europea. Difficilmente possiamo avere un miglioramento strutturale senza una base politica e non possiamo non citare l’intervento di Mario Draghi al parlamento europeo dello scorso 19 febbraio: “Dite no al debito pubblico, dite no al mercato unico, dite no alla creazione di un’unione dei mercati dei capitali. Non si può dire di no a tutto! Altrimenti, per essere coerenti, si deve anche ammettere di non essere in grado di rispettare i valori fondamentali per i quali è stata creata l’Unione Europea. Quindi, quando mi chiedete cosa sia meglio, cosa sia meglio fare ora, io dico: non ne ho idea, ma fate qualcosa” (fonte: Multimedia Center European Parliament).

Draghi era stato chiamato ad esprimersi su cosa l’Unione Europea dovrebbe fare per evitare di rimanere indietro nel mercato internazionale, dato che cinque mesi fa proprio su questo argomento aveva redatto un rapporto chiamato “Il futuro della competitività europea”, richiesto dalla Commissione Europea. Nel documento aveva sostenuto che la cosa più importante da fare era agire tempestivamente e in modo coordinato con riforme drastiche e maggiori investimenti, in particolare in settori strategici come le tecnologie ecosostenibili e l’intelligenza artificiale, per evitare di essere completamente schiacciati dalla Cina e dagli Stati Uniti.

Come previsto però il rapporto non ha portato a cambiamenti concreti nell’approccio degli stati membri dell’Unione Europea, che negli ultimi anni sono sempre più ostili ad armonizzare le loro politiche. Ci si domanda se le recenti elezioni in Germania potranno essere l’inizio di un percorso di integrazione da parte dell’UE. Le prime dichiarazioni del futuro cancelliere Merz sulla necessità di essere indipendenti dagli USA implicano una maggiore collaborazione tra i Paesi dell’Unione Europea e dunque promettono bene, ma come sostiene Draghi è il momento dei fatti.

Durante queste otto settimane necessarie per trovare un accordo politico in Germania e formare il nuovo governo, è lecito attendersi ancora mercati europei che continueranno il trend di inizio anno, ma prima o poi “i nodi vengono sempre al pettine” e i mercati vorranno vedere passi concreti prima dell’estate per continuare un recupero che ha ancora tanto potenzialmente da esprimere.


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