A cura di Angelo Meda, Responsabile Azionario di Banor

Il poliziotto buono e il poliziotto cattivo

I mercati tra minacce e rassicurazioni.


In America la tecnica dell’interrogatorio “poliziotto buono/poliziotto cattivo” usata dalle forze dell’ordine viene chiamata anche “Mutt and Jeff”, dalla serie a fumetti inventata nel 1908 e pubblicata fino al 1983: con 75 anni di storia, è stata una delle serie a striscia a fumetti più longeve. 

Chiunque abbia visto un film poliziesco ambientato in USA riconosce questa tecnica. Si tratta di una squadra di interroganti, tendenzialmente due, che si approcciano al soggetto in modo diametralmente opposto, rivolgendosi all’interrogato a turno o in contemporanea. Uno cerca di generare un senso di tensione e antipatia, mentre l’altro all’opposto comprensione e simpatia. Così facendo, il soggetto è portato a collaborare grazie al senso di gratitudine verso il poliziotto buono e/o alla paura della reazione del poliziotto cattivo.

In questo momento stiamo vivendo sui mercati una situazione simile. Da una parte Donald Trump veste i panni del poliziotto cattivo, intimidendo i partner commerciali e minacciando dazi e tariffe sempre più importanti contro chi viene accusato di non essere corretto negli scambi e nelle politiche commerciali. Dall’altro lato abbiamo invece Scott Bessent e Howard Lutnick (rispettivamente Segretario al Tesoro e Segretario al Commercio) che riassicurano mercati e governi smussando le dichiarazioni del presidente USA.

L’effetto finora è stato parzialmente vincente: i mercati hanno recuperato il grosso delle perdite dal Liberation Day grazie ad una combinazione di negoziazioni in corso con i principali Paesi (Giappone, India, UE e Cina in particolare) e a risultati aziendali che non mostrano ancora segnali di deterioramento significativi. La parola d’ordine è “damage control”, ovvero tirare la corda fino a quando non rischia di spezzarsi. Infatti, abbiamo visto che in area 5.000 di indice S&P500 è iniziata una presenza più significativa del poliziotto buono sui media finanziari, cercando di riportare razionalità rispetto alla confusione creatasi nelle settimane precedenti.

La tecnica del poliziotto buono/poliziotto cattivo però, se conosciuta, è facilmente riconoscibile e rischia di sortire effetti opposti. Funziona su soggetti giovani, impauriti o sprovveduti, come i mercati durante la prima amministrazione Trump nel 2017, quando si doveva ancora imparare a comprendere come trattare col presidente americano. Oggi, invece, possiamo dire che l’utilizzo di questa tecnica nei soggetti meno suscettibili può generare un senso di offesa e rendere meno probabile una collaborazione.
Lo abbiamo visto sia nelle prime schermaglie con la Cina, che hanno portato ad una prima escalation dello scontro, sia nelle dichiarazioni contro il presidente della Fed, Jerome Powell, quando il mercato ha voluto subito una rassicurazione sull’indipendenza della banca centrale americana e sulla lotta contro l’inflazione.

Ora la situazione sui mercati si sta rasserenando: la Cina sta abbassando i toni, si parla sempre di più di una tregua tra Russia e Ucraina, la Fed è pronta a tagliare i tassi qualora dovessimo vedere un rallentamento economico significativo e i dazi sono stati accantonati in attesa di comprendere dove porteranno le negoziazioni bilaterali.

Possiamo quindi dire di essere usciti dalle difficoltà e di essere pronti a ripartire con slancio?
Difficile, anzi impossibile. La visibilità rimane minima: i dazi sono comunque stati imposti, le implicazioni sulle catene di fornitura sono ancora tutte da valutare e l’impatto sulla fiducia dei consumatori e delle imprese si è sentito. L’indicatore principale, University of Michigan Consumer Sentiment, ha registrato un forte calo dei valori da 70,0 a 52,2, valore che si era visto solo a metà 2022 e negli anni precedenti durante la crisi finanziaria 2008-2009. Se non dovesse esserci un rapido ritorno della fiducia, risulterebbe difficile una ripresa dell’economia nel corso della seconda metà del 2025, con aspettative di crescita in questa prima metà stabilizzate attorno all’1% scarso, il valore più basso degli ultimi anni.
I mercati azionari però sono sempre in anticipo rispetto all’economia reale: iniziano a scendere mesi prima di quando la recessione viene certificata e risalgono quando si inizia a intravedere il superamento della crisi (in gergo si utilizza l’espressione “la derivata seconda cambia segno”). Adesso ci troviamo nella fase di stabilizzazione dopo la tensione di inizio mese, ma siamo ancora nell’incertezza per poter pensare ad un recupero significativo degli indici azionari. Per continuare questa fase di rialzo è necessario ritrovare la credibilità dell’amministrazione USA: se avremo un calo della volatilità e una valutazione razionale degli impatti sull’economia, allora potremo iniziare un percorso più definito. Purtroppo, al momento dobbiamo essere pronti all’alternanza dei due poliziotti con tutte le conseguenze del caso.


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