L’effetto bokeh

A cura di Angelo Meda, Responsabile Azionario di Banor

L’effetto bokeh

Sfocature strategiche per leggere i mercati.


Nell’era analogica, una delle principali abilità di un fotografo era comprendere la profondità di campo, l’utilizzo di obiettivi adatti, la gestione della distanza tra il soggetto e lo sfondo e la scelta del momento giusto dello scatto. Oggi, l’evoluzione tecnologica permette anche con uno smartphone di ottenere facilmente effetti che richiedevano anni di pratica. Uno di questi è l’effetto bokeh (la funzione “ritratto” nell’iPhone, ad esempio). Si tratta di una tecnica fotografica che crea una sfocatura sullo sfondo, mettendo in risalto il soggetto in primo piano. Bokeh è una parola che deriva dal giapponese boke che significa, appunto, “sfocatura”. L’effetto opposto, invece, è detto anche iperfocale e permette di ottenere la massima profondità di campo mettendo tutto a fuoco, soluzione utilizzata soprattutto per i paesaggi in cui si vuole ottenere una visuale completa di tutto ciò che vede l’occhio.

Anche la lettura della situazione dei mercati azionari può richiedere tecniche fotografiche: in particolare scegliere quali elementi considerare con più attenzione e quali lasciare sfocati o da trascurare. In generale i dati macroeconomici si dividono in due grandi categorie: i dati hard e i dati soft. I primi sono dati oggettivi e misurabili come la crescita del PIL e il numero di nuovi occupati; i dati soft invece sono gli indicatori di fiducia, le aspettative, gli indici PMI, ovvero tutto quello che viene tradotto in un numero ma che non si basa su una misurazione o un conteggio.

Ci sono momenti in cui questi indicatori vanno nella stessa direzione e in generale sono i momenti in cui i mercati tendono a muoversi con una tendenza definita, rialzista o ribassista. Però, nella maggior parte dei casi danno indicazioni contrastanti, legate alla natura dell’economia e ai tempi necessari per la trasmissione all’economia reale di alcune misure di politica economica o fiscale. I dati soft tendono sempre ad anticipare l’andamento dei dati hard, ma è difficile quantificare il lasso di tempo necessario per la convergenza del trend e l’affidabilità dei segnali. Di conseguenza anche i mercati spostano l’attenzione, focalizzandosi sulle aspettative o sui dati reali a seconda del momento del ciclo e delle attese che si creano attorno ad alcuni argomenti più dibattuti.

In questo momento in particolare ci troviamo in una situazione in cui i dati hard hanno consentito un rapido recupero degli indici azionari, ormai a pochi punti percentuali dai massimi storici (o in alcuni casi al di sopra): la scorsa settimana, il mercato del lavoro statunitense ha dato indicazioni di forza, così come i dati di spesa delle carte di credito pubblicati da Visa e Mastercard. I dati soft, nel frattempo, sono andati in direzione opposta segnalando un possibile rallentamento in arrivo, legato all’introduzione dei dazi del Liberation Day di inizio aprile.

L’aspettativa di mercato ora è di dati hard che vadano a rallentare anche in modo significativo nelle settimane a venire, spinti dall’incertezza sulle politiche commerciali dell’amministrazione USA, con la sospensione dei dazi che sta arrivando al termine. Ma l’attenzione è sul miglioramento dei dati soft avvenuto negli ultimi giorni, in particolare sugli indicatori di fiducia dei consumatori e sulla cosiddetta earnings revisions breadth, ovvero il numero di revisioni positive degli utili rispetto alle negative, tornata rapidamente in territorio positivo dopo aver toccato valori minimi da diversi anni nei primi mesi del 2025.

Come un fotografo che guarda nell’obiettivo e cerca di trovare la combinazione perfetta, i mercati passano dall’analisi dei dati hard in primo piano che certificano la tenuta migliore delle attese delle economie e degli utili, a quelli soft in secondo piano che indicano un rallentamento in arrivo, con però la percezione che sia solo temporaneo e che si torni ad accelerare nella parte finale del 2025, grazie a una definizione delle controversie commerciali.

In questo momento, quindi, sembra più importante valutare il trend di questi indicatori soft piuttosto che i dati hard reali di inflazione in arrivo nei prossimi giorni o le richieste di sussidi di disoccupazione comunicate ogni giovedì dal dipartimento del lavoro. I dati in arrivo nei prossimi giorni sono University of Michigan Sentiment, Empire Manufacturing Index e NAHB Housing Market Index: tre valori che normalmente fanno parte solo della quantità infinita degli indicatori che gli operatori guardano, ma che adesso hanno una valenza più significativa.

In queste settimane potremmo avere dati più puntuali che non vanno nella direzione sperata, ma con mercati azionari che rimangono sostenuti da aspettative di recupero nella seconda metà del 2025. La chiave sarà una risoluzione il più possibile definitiva del tema dei dazi, la cui introduzione è slittata al 9 luglio. Una data non tanto distante dall’Independence Day (4 luglio): difficile pensare che non si arrivi a un accordo in extremis, utilizzando il giorno della festività nazionale americana come arma per comunicare la fermezza dell’amministrazione corrente nel fare il bene dei connazionali, negoziando fino all’ultimo istante i termini migliori.

Un rinvio per ulteriori novanta giorni aggiungerebbe incertezza e rischierebbe di far tornare gli indicatori soft in un’area molto meno positiva, minando anche la credibilità del presidente Trump. Per questi trenta giorni possiamo “tirare il fiato”, ma prepariamoci ai classici fuochi d’artificio estivi.


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